E’ il 10 agosto 2012 e siamo a Mongo, in Ciad. Il nostro è solo un piccolo gruppo di marchigiani venuto a scoprire i progetti del Magis, spinto dalla curiosità e dalla voglia di solidarietà. Abbiamo scelto il Ciad e la missione dove vive il padre gesuita Franco Martellozzo. Siamo a sei ore di macchina verso nord-est dalla capitale, N’Djamena. A Mongo ci aspetta padre Gianfranco Iacuzzi, anche lui un gesuita da sempre impegnato nei progetti del Magis, prima in Albania ed ora al fianco di padre Martellozzo, che quest’estate è in Italia, a godersi un po’ di meritato riposo. Le nostre vacanze estive non sono tra mare e montagna. Abbiamo voluto una vacanza alternativa, per scoprire le tante emergenze del Ciad, ma anche per vederli da vicino questi padri gesuiti pieni d’intuito, d’idee, di forti legami con la popolazione e la tradizione locale. Uomini speciali, pionieri sempre, lavoratori instancabili e concreti.
La spinta principale che ci ha fatti volare così lontano da un territorio italiano che per secoli è stato legato alla produzione agricola, è il progetto avviato anni fa da padre Franco Martellozzo: le Banche dei cereali. Prima ancora d’illustrarci il funzionamento del progetto, padre Gianfranco Iacuzzi ci anticipa un concetto fondamentale: “I progetti vengono tutti portati avanti con l’accordo e la piena collaborazione della popolazione locale. Non ci piace costruire le cose in testa alla gente. Ogni iniziativa dev’essere condivisa”. Poche parole per delineare l’essenza di un’attività vincente, non solo nel tamponare largamente il problema della fame e della denutrizione, ma che va a segno proprio per la gestione consapevole ed autonoma degli abitanti di Mongo e dei numerosissimi villaggi dei dintorni. I progetti del gesuiti si estendono per circa 200 chilometri intorno a Mongo, cittadina, sede della Prefettura Apostolica, oltre che della missione cattolica e che conta circa 50.000 abitanti.
“Trecentosettanta banche sfamano ben 350 villaggi – continua padre Gianfranco – Ogni banca, al suo momento zero, è stata rifornita di una dotazione iniziale di miglio. Ma niente viene regalato alla popolazione. Così ha voluto l’ideatore ed il realizzatore del progetto”. Il pensiero corre a padre Martellozzo. Seppur momentaneamente lontano, il suo spirito, dopo oltre trent’anni di missione in Ciad, non abbandona mai questa terra. Un po’ come gli spiriti buoni del margay.
“Il miglio viene prestato agli agricoltori che possono così seminare e produrre il loro raccolto, senza acquistare la semente al mercato, a prezzi per loro proibitivi. Il periodo della semina è proprio questo, in agosto – spiega padre Gianfranco – Sono tutti nei campi, intere famiglie, aiutate dai figli in questo periodo di vacanze scolastiche. Successivamente, una volta terminato il raccolto, il miglio dev’essere restituito alla banca dei cereali con una maggiorazione del 20 per cento. In questo modo la dotazione della banca aumenta ed altre famiglie possono beneficiarne. I silos dei cereali sono tutti gestiti autonomamente dagli abitanti dei villaggi, attraverso dei responsabili locali e tutti s’impegnano a restituire quanto devono, mantenendo fede alla parola data”. Come ogni volta che ci troviamo di fronte ad un progetto del Magis ci accorgiamo che insegnare il senso di responsabilità e l’autogestione delle risorse è l’unica via di crescita, per il Ciad, come per gli altri luoghi del mondo dove operano i padri gesuiti. Nessuna forma di carità gratuità. La gratuità non offre opportunità. Le banche dei cereali sì. Acquistare la semente al mercato, che in periodi di semina raggiunge prezzi altissimi, significa spendere circa mezzo stipendio, e solo per quei pochissimi fortunati che uno stipendio, magari al minimo salariale, riescono a metterlo insieme. E, di solito, chi lavora in campagna, lo stipendio non ce l’ha. Con le banche dei cereali si può avviare, senza costi, la propria coltura, a patto di restituire il prestito l’anno successivo per compensare l’opportunità offerta. E l’opportunità è quella della sopravvivenza di un’intera famiglia, spesso di un clan, di una città, cioè di migliaia di ciadiani.
La spinta principale che ci ha fatti volare così lontano da un territorio italiano che per secoli è stato legato alla produzione agricola, è il progetto avviato anni fa da padre Franco Martellozzo: le Banche dei cereali. Prima ancora d’illustrarci il funzionamento del progetto, padre Gianfranco Iacuzzi ci anticipa un concetto fondamentale: “I progetti vengono tutti portati avanti con l’accordo e la piena collaborazione della popolazione locale. Non ci piace costruire le cose in testa alla gente. Ogni iniziativa dev’essere condivisa”. Poche parole per delineare l’essenza di un’attività vincente, non solo nel tamponare largamente il problema della fame e della denutrizione, ma che va a segno proprio per la gestione consapevole ed autonoma degli abitanti di Mongo e dei numerosissimi villaggi dei dintorni. I progetti del gesuiti si estendono per circa 200 chilometri intorno a Mongo, cittadina, sede della Prefettura Apostolica, oltre che della missione cattolica e che conta circa 50.000 abitanti.
“Trecentosettanta banche sfamano ben 350 villaggi – continua padre Gianfranco – Ogni banca, al suo momento zero, è stata rifornita di una dotazione iniziale di miglio. Ma niente viene regalato alla popolazione. Così ha voluto l’ideatore ed il realizzatore del progetto”. Il pensiero corre a padre Martellozzo. Seppur momentaneamente lontano, il suo spirito, dopo oltre trent’anni di missione in Ciad, non abbandona mai questa terra. Un po’ come gli spiriti buoni del margay.
“Il miglio viene prestato agli agricoltori che possono così seminare e produrre il loro raccolto, senza acquistare la semente al mercato, a prezzi per loro proibitivi. Il periodo della semina è proprio questo, in agosto – spiega padre Gianfranco – Sono tutti nei campi, intere famiglie, aiutate dai figli in questo periodo di vacanze scolastiche. Successivamente, una volta terminato il raccolto, il miglio dev’essere restituito alla banca dei cereali con una maggiorazione del 20 per cento. In questo modo la dotazione della banca aumenta ed altre famiglie possono beneficiarne. I silos dei cereali sono tutti gestiti autonomamente dagli abitanti dei villaggi, attraverso dei responsabili locali e tutti s’impegnano a restituire quanto devono, mantenendo fede alla parola data”. Come ogni volta che ci troviamo di fronte ad un progetto del Magis ci accorgiamo che insegnare il senso di responsabilità e l’autogestione delle risorse è l’unica via di crescita, per il Ciad, come per gli altri luoghi del mondo dove operano i padri gesuiti. Nessuna forma di carità gratuità. La gratuità non offre opportunità. Le banche dei cereali sì. Acquistare la semente al mercato, che in periodi di semina raggiunge prezzi altissimi, significa spendere circa mezzo stipendio, e solo per quei pochissimi fortunati che uno stipendio, magari al minimo salariale, riescono a metterlo insieme. E, di solito, chi lavora in campagna, lo stipendio non ce l’ha. Con le banche dei cereali si può avviare, senza costi, la propria coltura, a patto di restituire il prestito l’anno successivo per compensare l’opportunità offerta. E l’opportunità è quella della sopravvivenza di un’intera famiglia, spesso di un clan, di una città, cioè di migliaia di ciadiani.